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Ma voi, chi dite che Io sia?   
Lc 9, 18-22

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».  

Siamo nel pressi di Cesarea di Filippo, la quale era una cittadella situata nella parte greca del territorio della Galilea, alquanto entro terra del mare di Galilea. La località precisa dove si trovava Gesù distava dal mare solo cinquecento metri e da questo luogo si poteva vedere bene in lontananza coloro che si avvicinavano sia da Cesarea, che dal lago di Galilea.

Il Signore aveva dapprima mandato alcuni discepoli per avere informazioni su che cosa la gente pensava di Lui. Le opinioni come si può leggere, furono le più disparate.

Una volta che i discepoli riferirono al Signore, di Chi la gente pensava fosse Gesù, Quest’ultimo decise di affrontare più profondamente l’argomento. Perché?

La Sua domanda non è vana, anzi è del tutto seria, perché il Signore aveva già osservato in più di una occasione che il Suo comportamento poteva, qua e la, apparire ai sensi dei discepoli come vicino a quello di un uomo come noi tutti, e che immediatamente dopo il Signore venisse giudicato nei loro cuori in maniera del tutto differente da prima, e che ai loro occhi non sembrava più ciò che era ritenuto da essi quando compiva qualche opera meravigliosa.

«Ma voi, chi dite che io sia?»

Pietro prese la parola, per amore degli altri discepoli alcuni dei quali non avevano un chiaro concetto del Cristo: “Tu sei il Cristo di Dio, il Figlio del Dio vivente”. Prima del tempo non si sarebbe dovuto rivelare la vera Essenza del Signore, affinché la predicazione non venisse ostacolata dal Tempio.

Ora però immaginiamoci per un momento, e a dire il vero non pensiamo troppo che sia solo immaginazione, che il nostro Signore Gesù Cristo sia seduto di fronte a noi e che ci osservi nelle nostre azioni quotidiane, nei nostri pensieri, nei nostri desideri.

Nel nostro turbinio di cose da fare, impegni da sbrigare, problemi da risolvere, Gesù, a mio modo di vedere, si sente “di troppo”.

Non Lo coinvolgiamo, non Lo interpelliamo, non lo degnamo spesso di un misero “grazie di esserci”; le nostre decisioni sono prese senza il Suo consiglio, tanto, siamo noi i padroni del nostro destino, o no?

Ad un certo punto, Gesù ci rivolge la domanda: “Ma tu, Chi dici che io sia?” Nella Sua massima umiltà non riesce a dirci “Ma chi credi di essere?” ma ci lascia sempre la libertà di scegliere la modalità per riconoscerLo per Quello che veramente è.

Gesù è presente nella tua vita sempre, ma sta a te riconoscerLo come unico Salvatore, come Via che ti porta al (l’amore del) Padre, come Vita della tua vita, come unica Verità per una fede senza dubbi e lacune.

Ma come si riconosce il Cristo come Dio Vivente? Devi cercarLo, prima, per poterLo amare poi.

E’ l’Amore del Padre, concesso a chi cerca il Figlio, che svela ai nostri occhi la presenza di Cristo nella nostra vita.

Chi vuole amare il Signore, deve amarLo come una sposa pura ama il suo puro sposo, in modo cioè che siano unicamente i cuori ad attrarsi; tutto quello che è al di sopra o al di sotto di questo è di peso al libero amore; per ciò anch'esso poi non può innalzarsi mai fino al Suo cuore, poiché quello che è sotto l'amore attira il cuore nella profondità fangosa; d'altro canto quello che sta sopra l'amore, preme su di questo e lo spinge a terra e lo aggrava tanto che esso poi diventa troppo fiacco e troppo debole per potersi mai più rialzare.

Dunque, l'amore deve essere puro in modo che esso, non impacciato né costretto da alcuna cosa, possa elevarsi in libertà e con le proprie forze riunite possa volare incontro all’oggetto scelto liberamente da solo, per abbracciarlo strettamente e non abbandonarlo mai più in eterno.

Riconoscere Dio corrisponde al destarsi dell'amore, ma con ciò non vuol dire ancora amare Dio; amare Dio invece significa vivere in Lui pienamente.

Dunque il riconoscimento non vivificherà mai nessuno, né gli aprirà le sacre porte dell'eterno Amore e con ciò della vita eterna bensì, e questo è da comprendere bene, a tali risultati non può giungere che il puro amore per Dio e in Dio, senza sopra né sotto, quindi senza la benché minima idea di un egoistico vantaggio all'infuori di quello del vantaggio del puro amore stesso.

Pietro in base alla sua fede pronunciò tali parole, Giovanni in base al suo amore ne proferì ben altre.