Misericordia Io voglio e non sacrificio. 

Mt 12, 1-8

Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

 Misericordia Io voglio e non sacrifici.  Se riuscissimo a capire il senso di questa frase, la nostra ricerca del Sommo Bene sarebbe già a buon punto.

I sacrifici sono stati dati quale un simbolo del sacrificio di Colui il Quale si è sacrificato volontariamente per purissimo amore a vantaggio dell'umanità intera. L'olocausto poi è stato stabilito quale una testimonianza a sfavore degli israeliti, affinché rammentasse loro che erano  stati continuamente dei peccatori e dei ribelli contro il vero Dio, e che quindi avevano bisogno di fare un'offerta di espiazione che, quale un indovinato simbolo, ricordasse sempre che per effetto dei loro molti peccati si erano allontanati da Dio, e che avevano la necessità di un mediatore che li unisca e ricongiunga a Dio. Per conseguenza l'istituzione dei sacrifici non ha nessun altro valore all'infuori di quello dell'insegnamento. Anche se offerto dai sacerdoti, il sacrificio non ha proprio nessun valore effettivo neppure di fronte a Dio, ma ha valore soltanto per chi lo offre, in quanto rappresenta una tangibile Parola di Dio data per il proprio ammaestramento in un'immagine ricchissima di perfetta rispondenza, la quale è certo molto ben comprensibile per il savio. Chi la comprende, ha poi già tutto ciò che il simbolo può insegnare; ma se il simbolo dato per l'uomo deve avere un valore anche al cospetto di Dio, è bene che l'uomo operi dal suo cuore in modo tale che le sue opere corrispondano al senso spirituale del simbolo stesso.

Il vero e proprio senso spirituale del sacrificio che noi tuttora offriamo - però del tutto ciecamente e insensatamente, e che per questo non ha alcun significato per nessun altro - è che noi dobbiamo amare Dio sopra ogni cosa e il nostro prossimo come noi stessi, e così pure che dobbiamo astenerci da ogni comportamento contrario all’ordine di Dio

La legge può essere un peso insopportabile per il cristiano. Una vita fatta di imposizioni, accettate più o meno benevolmente, dove impieghiamo la maggior parte del tempo di fare cose gradite a Dio. Ma le facciamo proprio per piacere a Dio, quasi in segno di sottomissione, di paura, di lontananza. Cerchiamo di capire con la nostra ragione, ma la ragione ci lascia sempre a bocca asciutta. E nella nostra brama di capire elaboriamo concetti in grado di contenere l’intero pianeta, e come la nostra ragione ci ispira, Dio è per noi un Dio ed Egli non può, né deve essere altro che quello che risulta conveniente per la nostra sapienza. E così sacrifichiamo a Lui secondo il nostro compiacimento; infatti il Dio della nostra sapienza deve bene accontentarsi di quello che gli offriamo, poiché Egli deve essere così come noi ce Lo abbiamo compreso, e come a noi era più comodo e più vantaggioso ritenerLo.

Sotto questo Dio, che non Lo consideriamo un Padre per noi, siamo del tutto affamati, ed i nostri figli languiscono sotto l’enorme peso del nostro Dio della sapienza.

Ma questa sensazione deve per forza spingere dapprima il nostro orecchio e poi il nostro cuore alla misericordia di Dio, che ci grida che il nostro Dio senza l’amore non giova a niente, mentre soltanto l’amore è la vita stessa. Soltanto ora e tramite il nostro amore, noi conosciamo l’unico vero Dio, il Quale è il nostro vero Padre. Ora soltanto ci viene data la vera luce, tramite la quale possiamo vedere che esiste una differenza infinita fra il Padre e il nostro precedente Dio della sapienza.

Anche se tu avessi la massima sapienza senza avere l’amore, allora tu continuerai ad avere fame e sete in eterno; infatti unicamente l’amore è il vero pane saziante e la vera acqua vivente e ristoratrice per tutta l’Eternità e per tutta l’Infinità!

A che ti giova Dio se non hai l’amore, e a che ti serve anche l’intero sapienza senza di questo?

Un fanciullo nella culla è più grande di te, quantunque tu abbia la massima sapienza; infatti il fanciullo possiede l’amore!

Volgi dunque il tuo cuore verso l’amore, e già in un gesto o parola d’amore troverai infinitamente di più di quanto abbia potuto darti qui la tua antica sapienza.

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