E' meglio che un solo uomo muoia per tutto il popolo. |
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Gv 11, 45-56 | ||
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista della
risurrezione di Làzzaro credettero in lui. Ma alcuni andarono dai farisei
e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.
Caifa ha detto: "E’ meglio che un uomo solo muoia
per tutto il popolo".
Caifa
in qualche modo pensa ed opera come pensiamo noi; è conveniente, per noi
e per il nostro modo di vivere, mettere da parte, magari in un posticino
comodo ma almeno due metri sottoterra, Gesù Cristo e tutto ciò che la
Sua Dottrina (insieme naturalmente alla penitenza insegnata dal Battista)
ci invita a fare. E’ meglio
quindi che anche per noi, a tutela delle nostre comodità, che un Uomo
solo muoia nel nostro cuore. Ma Gesù ci dice “E’ meglio che una sola creatura perisca
in eterno per tutto il popolo di Dio.” Questa creatura è satana
che si è ribellato coscientemente e liberamente al suo Creatore e tenta
in continuazione l’uomo perché segua la sua ribellione. L’uomo-Dio ha
salvato con la morte tutto il Suo popolo, e Satana paga per sempre la sua
ribellione, estesa ad antri angeli pure ribelli, perché continuamente
tenta di far morire (allontanare da Dio) l’uomo. E’ meglio che una sola creatura muoia per tutto il popolo di Dio.
La morte porta la Vita. Comincia l’inverno in Giudea, e Gesù si ritira, con i discepoli ad Efrem, o Efraim, per prepararsi alla prossima Pasqua. Il Signore avrebbe utilizzato questo tempo per il loro e Suo rafforzamento, ed anche per il consolidamento di alcuni animi deboli che dovevano venire fortificati per il tempo, ormai imminente, dell’Adempimento. Efrem era una piccola città insignificante, che perfino ai tempi di Gesù veniva appena considerata e che a molti era del tutto sconosciuta. Essa era situata non lontano dal Mar Morto, in mezzo alle montagne, del tutto isolata. Se voleste sapere più esattamente la sua posizione, visto che oggigiorno nessuno studioso ha idea del dove sia da cercare questa località, allora tracciate dalla parte superiore del mar Morto, là dove le carte segnano un’insenatura alquanto accentuata, una linea verso sinistra fino a dove comincia la zona montuosa che viene denominata “deserto di Giuda”, e così voi avrete trovato la regione dove un tempo si trovava Efrem, regione che però adesso non presenta più alcuna traccia di essa. Efrem era una città povera e non veniva mai visitata dai viaggiatori. Qua e là c’erano soltanto delle misere e piccole capanne, tra cui una specie di castello diroccato che poteva offrire riparo contro il vento e il temporale. Gesù avrebbe potuto con una sola parola rimetterlo in sesto le rovine, ma per non dare nell’occhio agli abitanti del luogo, non lo fece. Agli abitanti del luogo si fecero riconoscere come ebrei che volevano trascorrere l’inverno in contemplazione per servire degnamente Dio. Solo al capo della comunità venne detto Chi realmente celavano quelle mura. Gesù quale abile carpentiere, con i suoi discepoli, avrebbe rimesso in sesto quella rovina, e una volta che se ne fossero andati via, alla comunità sarebbe rimasto un edificio rinnovato e del tutto funzionale. Fino ad adesso il Signore non aveva avuto luogo dove poter posare il capo; neanche questa sarebbe stata una dimora permanente; Egli ne ha bisogno solo per acquistare forza al fine di ottenere la chiave di volta del Suo operare. Finché Gesù operava ed insegnava fuori, Lo spingeva lo Spirito interiore al Quale era soggetto il suo corpo; ora però deve venire posta la chiave di volta senza la spinta dello Spirito, ma spetta solo all’anima decidersi per amore. Il Figlio dell’uomo deve ora innalzarsi a Figlio di Dio, per questo Egli viene spogliato di ogni Sua Potenza, e anche i discepoli che fino ad allora erano stati attorno a Lui dovevano riconoscere cosa vuole il Padre. Il Signore si spoglia della Potenza del Padre;il più grande guerriero ed eroe è colui che affronta il nemico senza armi e non teme la morte, poiché egli sa di abbattere prima che con altri mezzi il nemico con la propria noncuranza della morte. E così Gesù depone ogni arma della forza allontanandola da Esso Stesso e va incontro al nemico soltanto con la potenza della Parola, della Mansuetudine e dell’Amore, affinché anche lui ceda tutte le armi dell’inganno e della malvagità e si avvicini, pieno di pentimento, quale figlio perduto. Ci si domanderà cosa abbiano veramente fatto durante l’inverno in questo covo tra le mura dove si trovavano così appartati dal mondo, dato che non è certamente ammissibile che ciò sia avvenuto senza alcun vantaggio per i discepoli. Per quanto questo tempo di isolamento servisse principalmente per preparare il Suo Essere umano terreno per l’imminente tempo difficile e per renderlo atto alla trasformazione nel Cristo eterno, immutabile, questo stesso periodo di tempo doveva pur anche preparare i discepoli, e specialmente gli apostoli, alla loro vocazione futura di divenire maestri per tutti gli uomini. Il processo, che andava compiendosi in Gesù, rimase nascosto a tutti gli occhi; tuttavia qui deve venire esattamente rivelato come i discepoli si educavano da se stessi e anche reciprocamente, affinché chiunque voglia veramente lavorare al proprio perfezionamento interiore, trovi in ciò una norma che porti alla rinascita dello spirito. Vediamo dunque in cosa consisteva la loro occupazione esteriore ed interiore. Quella esteriore è presto spiegata. Essa consisteva semplicemente in una precisa sistemazione di tutte le faccende domestiche, che ciascuno si assumeva volentieri per amore dei suoi fratelli. La cosa principale qui era che ciascuno, senza che glielo fosse stato richiesto, si rendesse utile là dove egli riteneva che qualche servizio sarebbe stato opportuno, poiché quest’attenzione è già un segno di fattivo amore del prossimo, mentre il pigro nello spirito non si accorge per niente dove sarebbe da sistemare una qualche piccola attività d’amore. Durante la permanenza, il contributo del Signore alle faccende di casa fu ben poco, come ad esempio il procurare i cibi, e ciò affinché da un lato la pigrizia non potesse propagarsi tra i discepoli, e dall’altro lato affinché anche loro imparassero a non contare esclusivamente sulla forza soprannaturale. Ma la cosa principale era il nutrimento spirituale. E in quale modo veniva esso introdotto? Anzitutto mediante la padronanza di una piena pace interiore, la quale non si lasciava distogliere dall’equilibrio da un attacco d’ira o da una meschina irritabilità; poi mediante l’esercizio della volontà, la quale è in grado di abbattere ogni passione e inclinazione verso il polo contrario. Solo chi ha vinto se stesso può vincere anche gli altri. Inoltre venne esercitato e sempre più dischiuso l’occhio spirituale interiore; essi stessi dovevano essere in grado di dirigere il loro occhio spirituale su degli oggetti che essi volevano riconoscere. Questa capacità richiede tuttavia una purificazione molto particolare dell’anima, poiché questa, per natura di sentimenti terreni, può vedere naturalmente fuori da se stessa il puramente spirituale solamente quando si sia spiritualizzata già in misura considerevole, ovvero, detto con più esattezza, quando lo spirito, in essa dimorante, sia diventato già così tanto potente da avere insegnato all’anima, che deve costituire il suo corpo, così tanti concetti dello spirituale, illuminandoglieli con la sua luce, in misura tale che anch’essa veda, riconosca e comprenda le immagini spirituali. Finché, attraverso il meccanismo artificiale del corpo, vengono rese comprensibili all’anima solamente le cose esteriori, puramente corporali e materiali, questa è ancora spiritualmente cieca. Non appena impara a guardare attraverso l’involucro del corpo esteriore, essa diviene spiritualmente vedente. È naturale che i discepoli, i quali dovevano comparire come maestri ed insegnanti di vita, dovevano venire istruiti in tutto per quando il Signore non sarebbe più stato corporalmente presso di loro, e quindi essi dovevano impadronirsi completamente di tutto. Fino al allora essi erano stati sempre soggetti ad una specie di costrizione dovuta alla presenza divina in Gesù, e poi avevano la consapevolezza di essere osservati dalla numerosa folla che li seguiva. Però ognuno saprà molto bene che è molto più facile schivare il male quando si sa di essere osservati - poiché con ciò entra una specie di pudore davanti ad estranei oppure anche l’ambizione di apparire buoni - che non quando ci si sente liberi da ogni costrizione. Qui però ora era offerta in abbondanza l’occasione per essere messi alla prova perché Gesù si ritirava quasi completamente, spesso per delle giornate intere, per la personale preparazione alla Pasqua. Inoltre nei discepoli erano ancora presenti dei concetti del vecchio ebraismo e si comprenderà quanto fosse necessario l’isolamento degli stessi, i quali con i loro discorsi non potevano mettere in pericolo se stessi, ma gli altri che li avessero ascoltati. Così avvenne che nella loro compagnia uno correggeva l’altro, e in caso di errore Gesù sapeva molto bene quando era giunto il momento di intervenire. Correzione fraterna: usiamola anche noi ogni giorno verso il fratello, in attesa che Gesù intervenga con la Sua Parola.
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